L’importanza del dialogo con il proprio figlio – Seconda parte

24 Ott 2023 | Problemi educativi

Ed eccoci con la seconda parte dedicata all’importanza del dialogo con tuo figlio e come diventare un abile ascoltatore!

Se non hai letto la prima parte de “L’importanza del dialogo con il proprio figlio”, puoi trovarla qui.

 

7. Non ti sta chiedendo di risolvergli il problema

Il punto è aiutarlo a superare la tempesta di emozioni difficili in modo che possa iniziare a pensare a delle soluzioni. Il nostro compito non è risolvergli i problemi, ma ascoltare, accettare e validare le sue emozioni.

Per noi genitori questo significa imparare a gestire la nostra ansia!

 

8. Tappati la bocca

Ci sono momenti in cui sarebbe meglio tapparci la bocca.

Tuo figlio impara a crescere ogni volta che ha l’opportunità di ascoltarsi, riconoscere le proprie emozioni e paure e arrivare alle proprie conclusioni.

Non cedere alla tentazione di farli le prediche o gli spiegoni. Un buon consiglio che posso darvi per fargli capire che lo state ascoltando è emettere ogni tanto un suono breve, tipo mmmmm! Ahhhhhh! Ohhhhh”.

 

9. Allinea la tua reazione alla sua emozione

Si dice sempre che “bambini piccoli, problemi piccoli e bambini grandi problemi grandi”.

Le emozioni di un bambino di 8 anni che perde la partita di calcio sono diverse da quelle di tuo figlio 14enne che viene lasciato dalla ragazza.

Cerca di allineare la tua reazione alle sue emozioni. Nel primo caso non c’è bisogno di vestirsi a lutto. Nel secondo invece tuo figlio ha bisogno di sentire che comprendi quello che prova.

Prova a comunicare senza parole che hai fiducia nel fatto che tutto andrà per il meglio.

 

10. Crea un ambiente sicuro e accogliente, controlla le tue emozioni

Quando tuo figlio ti racconta qualcosa che ti fa immediatamente preoccupare o andare in ansia, fermati un momento.

Lascia andare l’ansia e prova a fare qualche respiro profondo. In questo momento tuo figlio ha bisogno soprattutto del tuo aiuto e non di essere rimproverato.

Per esempio se tuo figlio torna a casa e urla: “Odio la prof. di matematica! Mi ha sgridato davanti a tutti!”, solitamente la prima risposta che ci viene in mente è: “Chissà cosa hai fatto per farti sgridare?” oppure “Non voglio sentirti dire che odi le persone”.

In realtà tutto ciò che ha bisogno di sentire è “Caspita! Deve essere stato proprio imbarazzante. Non c’è da stupirsi che tu sia così arrabbiato con lei!”.

Se vi scatta immediatamente il senso di colpa (“Avrei dovuto evitarlo!”) o il panico (“Aiuto! Non posso credere che stia succedendo proprio a mio figlio”) mettete da parte le vostre emozioni.

Avrete tempo dopo per analizzare e risolvere le vostre emozioni. In questo momento è tuo figlio/a che ha bisogno di te. Aiutalo ad elaborare e comprendere le sue emozioni e cercate insieme di elaborare una strategia che vada bene per lui/lei.

 

11. Ricordati che ogni aspetto del suo comportamento porta con sé un messaggio ed è una forma di comunicazione

Ci sono bambini che fanno molta fatica a parlare. Ma ugualmente hanno il bisogno di comunicare con voi.

Magari lo fanno con un gesto, con uno sguardo più lungo e profondo. A volte con un abbraccio o una stretta di mano.

Questi gesti sono significativi e importanti quanto una conversazione.

 

12. Attraverso l’empatia aiutalo a elaborare le sue emozioni

Attraverso l’empatia possiamo svolgere uno dei nostri ruoli fondamentali come genitori. Rispecchiare sotto lo sguardo di nostro figlio le emozioni che sperimenta.

Se noi riconosciamo e accettiamo con amore le sue emozioni più difficili, piano piano imparerà a riconoscerle, anche quelle più complesse, e a superarle. Il modo migliore perché un’emozione perda la sua carica è sentire che venga compresa e accettata.

Le emozioni represse, invece, permangono, soprattutto quando non vengono riconosciute. E dato che non sono sotto il controllo cosciente, emergono in modo dirompente e incontrollato.

Pensiamo al bambino di 4 anni che tormenta la sorella, o quello di sette anni che si sveglia la notte con gli incubi, o un ragazzo di undici anni che sviluppa un tic nervoso.

Accettare le emozioni non significa essere d’accordo, o approvarle. Ma manda al bambino/ragazzo il messaggio fondamentale: mamma e papà lo capiscono e lo accettano per quello che è.

E se vi siete sentiti compresi e ascoltati, capirete come questo sia il miglior dono che possiate fare a vostro figlio.

 

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